Decode me!

Non è uno slogan, nè tantomeno il titolo di un film di fantascienza. E’ il nome del “primo servizio al mondo che offre la completa scansione e l’analisi on-line del profilo del tuo unico DNA”. Kari Stefansson, islandese, medico e co-fondatore della DeCODE Genetics e professore di neurologia, neuropatologia e neuroscienze all’Università di Harvard è il principale ideatore di un nuovo business che si basa sulla codifica del genoma dei suoi clienti. Possibile? Sì, è semplicissimo, basta inviare il proprio campione di DNA tramite posta, c’è perfino un video sul sito Decodeme per le istruzioni… Vedere per credere.
Basta ordinare un DNA Collector, aprirlo, strofinarselo in bocca ed ecco fatto, con una sorta di lavata di denti siamo identificati.
Per la modica cifra di $985 saremo analizzati e sapremo tutto il possibile del nostro genoma e delle malattie cui siamo più a rischio nonchè delle origini dei nostri antenati. Non credo possano dirci in che pub siamo stati la sera prima, a quello tanto ci pensano i satelliti, ma di sicuro possono dirci se rischiamo di diventare alcolizzati…

L’idea di essere “mappati” fa paura, ma non si può negare che la tentazione ci sia. Il business di Stepensson è geniale e Gattaka si avvicina…

Come ogni servizio all’avanguardia che si rispetti si promove anche attraverso il web 2.0: ecco un video di youtube sull’argomento.

Quando il DNA fa paura

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Il padre del DNA sembra aver deciso di mettere in cattiva luce il suo già discusso figliolo. Durante la 14esima edizione del Sunday Times Magazine lo scorso 14 ottobre, James Watson afferma che gli africani sono meno intelligenti degli altri esseri umani provocando indignazione e sgomento nella comunità scientifica mondiale. Queste le parole più shockanti: “Non c’è alcuna solida ragione per affermare che le capacità intellettuali di popolazioni separate geograficamente nella loro evoluzione si siano sviluppate in maniera identica. La nostra volontà di assegnare a tutti, in maniera uguale, le medesime capacità intellettive non è sufficiente a provare che si tratti della realtà” E ancora: “Le politiche occidentali nei confronti dei Paesi africani sono basate su un errore di fondo. Cioè sull’assunzione che le persone di colore sono tanto intelligenti quanto i bianchi. Mentre i risultati nei test rivelerebbero il contrario”. E come se non bastasse, ha aggiunto che “entro una decina d’anni saremo in grado di identificare i geni responsabili delle diffrenze. Per poi dare il colpo di grazia al ‘politically correct’ ha affermato che “Chiunque abbia avuto a che fare con un impiegato di colore sa che non è vero che tutti gli uomini sono uguali”.
“Le politiche occidentali nei confronti dei Paesi africani – ha detto Watson, parlando del rapporto tra scienza e ‘razze’ – sono basate su un errore di fondo. Cioè sull’assunzione che le persone di colore sono tanto intelligenti quanto i bianchi. Mentre i risultati nei test rivelerebbero il contrario”. Per poi dare il colpo di grazia al ‘politically correct’ affermando: “Chiunque abbia avuto a che fare con un impiegato di colore sa che non è vero che tutti gli uomini sono uguali”.

Il mondo scientifico si scandalizza e si imbarazza. La Federation of American Scientists rilascia la seguente dichiarazione: “in un momento in cui la comunità scientifica si sente minacciata da forze politiche che screditano la sua credibilità,  è tragico che una delle sue icone (James Watson) abbia gettato con le sue affermazioni una tale onta sulla professione”.

Reazioni di indignazione provengono anche dal Museo della Scienza di Londra, presso il quale Watson avrebbe dovuto tenere a breve una conferenza, immediatamente annullata in seguito alle dichiarazioni dell’illustre scienziato. Il Museo dichiara che il 79enne premio Nobel per la medicina “ha oltrepassato i limiti accettabili del dibattito”.
Scandalizzato anche il Ministro inglese Lammy, che giudica le affermazioni di Watson come “offensive” ed aggiunge che “è un peccato che uno scienziato del suo calibro adombri i meriti della sua ricerca con delle affermazioni frutto del pregiudizio”.
Ed è proprio nel suo ruolo di scienziato che sta l’aggravante delle sue affermazioni: prima di tutto in quanto prive di alcun valore scientifico e poi perchè ipoteticamente più credibli da parte dell’opinione publica.

Spiace portare via ad un genitore suo figlio, ma per il bene del DNA siamo costretti ad affidarlo a mani più sicure.